Quest Primaria: Messaggeri verso Maj'krat

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    LA STORIA FIN ORA
    Quest Primaria: Messaggeri verso Maj'krat
    Quando re Eledhwen viene a conoscenza degli strani movimenti dei Ribelli nella zona della palude, sorvegliata dall'Orthugal Yahr, decide di mobilitarsi ed avvisare gli altri regnanti di Eirydia del pericolo imminente: sembra che Knog stia riformando un esercito per scatenare una nuova guerra.
    La messaggera che assume tale responsabilità è la mezz'elfa Elen Cross, una giovane evocatrice, che viene accompagnata da una scorta, guidata dall'uoma Tichondrius Hellfalas e dalla maga Rosalinda.
    Dopo aver stipulato il Patto Magico, che impediva loro di aprire il messaggio e parlare della missione ad altri, il gruppo parte da Aresmelle, diretto a Maj'krat.
    Vengono attaccati più volte da aguzzini e mostri ed in uno di questi scontri sono costretti a combattere contro un golem evocato dalla magia nera, che causa non pochi problemi al gruppo, ma viene sconfitto.
    Intanto, a Dwyn, la regina Rori riceve un messaggio dalla corte di Maj'krat che la avverte del viaggio dei messaggeri e dell'assenza di un membro per la scorta, per questo decide di mandare lei stessa un membro in aggiunta: Älya Kane, che aveva intanto conquistato la fiducia della regina.
    La ragazza raggiunge il gruppo nei pressi del castello di Hollet e si unisce a loro, alla volta del regno dei nani.


    CITAZIONE (Edgard Strolgher @ 14/10/2014, 18:54) 
    uomadied_zpse6b1384a
    Tichondrius;
    Tichondrius lasciò i cavalli liberi di tornare ai loro legittimi proprietari, almeno per la durata della missione, il suo cavallo da guerra non reagiva come gli altri alla sua presenza e al suo tocco. Si avvicinava volentieri e portava spesso il muso in avanti per farsi accarezzare. Probabilmente, dato che la magia degli elfi lo avevano reso grande quanto un rinoceronte e quindi adeguato alle dimensione dell'uoma, si sentiva a suo agio in vicinanza del colossale guerriero, differentemente dagli altri che erano come poni in prossimità di un gigante. I suoi occhi lo scrutavano pieni di intelligenza e Tichondrius, che non aveva mai posseduto una cavalcatura a causa della sua stazza, provava un sempre crescente desiderio di domandare agli elfi di poter tenere quel cavallo una volta terminata la loro missione...in un certo senso stava nascendo una certa affinità tra i due, Tichondrius lo riusciva a sentire e a percepire.
    Non fu necessario dare l'ordine di rimettersi in marcia, vedendo l'uoma che si preparava per il viaggio, anche Elen e a seguire le altre si prepararono a partire. In meno di un giro di clessidra, la squadra era di nuovo in marcia.
    Il paesaggio cambiò di nuovo e le rocce che spuntavano sul terreno diventarono sempre più rade mentre la vegetazione cominciava a lasciarli completamente per una buona decina di miglia a nord-ovest. In compenso, nella tarda mattinata, cominciava a scorgersi all'orizzonte una barbuta coltre vegetale che si innalzava dalla linea in cui cielo e terra di confondevano creando una verdeggiante massa di barbigli. La foresta Alisan, che da secoli proteggeva il fianco della scuola di Hollet dagli attacchi che venivano al di la del fiume. La vista di quei punti di riferimento, conferivano alla compagnia la notizia di essere arrivati a metà del loro viaggio.
    Con ogni probabilità di marcia, avrebbero raggiunto il castello in serata e, a quel punto, sarebbe stato sciocco procedere oltre, ma sarebbe stato una buona idea di sostare nei loro meandri.
    Il sole splendeva focoso allo zenit rendendo afosa la loro cavalcata e, nel frattempo, le guglie svettanti del castello cominciavano a farsi vedere. Tichondrius cominciava a sentirsi strano, stava sudando anche se stava semplicemente cavalcando, la sua pelle era un po' pallida, molto probabilmente era opera del caldo e del fatto che le otri d'acqua cominciavano a svuotarsi. Il loro punto di ristoro sarebbe stato la scuola, oppure una brusca deviata ad est verso il fiume che scorre nella foresta, una mossa che avrebbe costretto la compagnia a marciare più del dovuto per raggiungere la meta del castello. Un'allungata inutile che rendeva necessario uno sforzo di volontà per mantenere quella traiettoria e proseguire verso Hollet.

    Älya
    Älya;
    Älya se ne stava in silenzio, a cavallo del proprio destriero in fila subito dietro il maestoso stallone dell'uoma, quando la voce sottile della mezz'elfa raggiunse le sue orecchie.
    Sentiva un accento dwyniano, sebbene fosse per metà di natura elfica, probabilmente perchè viveva tra gli umani.
    La ragazza lasciò uno sguardo alle armi che portava agli avambracci e pensò a Shikaku, che le aveva create per lei a Tenar, quando aveva perso il proprio pugnale in un'infelice missione a Sintad.
    Lo sono. si sforzò di mostrarle un'atteggiamento gentile: Elen sembrava davvero timida ed Älya fu sicura che quella frase che le aveva appena rivolto le era costata un certo sforzo.
    Non sono state forgiate dal metallo, sono speciali per questo: il ragazzo che me le ha regalate era capace di creare oggetti dalle ombre e queste lame celate sono il frutto del suo lavoro.

    Era surreale aprirsi a qualcuno che conosceva appena, sebbene quello che le avesse raccontato non fosse il peggio del suo passato: era riuscita a malapena a raccontare all'Orthugal qualcosa di sé e con riluttanza aveva dovuto raccontare delle sue origini alla regina Rori, ma per il resto si era ripromessa di non raccontare a nessuno quello che aveva fatto a Sintad.
    Parlare con Elen, comunque, non la rendeva irrequita: la mezz'elfa era talmente timida che probabilmente aveva bisogno di esercitarsi a parlare con gli altri.
    Per certi versi, le ricordava se stessa: lei non parlava mai a nessuno, nemmeno per motivi di buona educazione.

    E tu? Raccontami, com'è che ti sei dedicata allo studio della magia? Domandò.
    Voleva che la conversazione andasse avanti, sebbene non ne fosse abituata, dato che sapeva che viaggiare con compagni senza nemmeno avere fiducia reciproca non era esattamente corretto: prima o poi avrebbero dovuto aiutarsi a vicenda e per farlo avrebbero dovuto conoscersi meglio, che l'avrebbero voluto o meno.

    Rimase in attesa di una risposta, ma la vista che le si prospettò davanti poco dopo la distrasse a tal punto da ignorare la presenza dei compagni: l'immenso castello di Hollet, ormai caduto in rovina, troneggiava al centro del parco nel quale erano appena arrivati.
    Si riusciva ad immaginare il suo antico splendore, coperto purtroppo dall'edera, eppure buona parte della facciata che si riusciva a vedere era distrutta e rendeva l'intera struttura una vera e propria rovina.
    Älya sapeva che sarebbe stato meglio non metterci piede dentro, per quello si preparò ad un ulteriore accampamento all'aperto: era sicuramente meglio di correre il rischio di finire sotto qualche maceria.
    Per quanto ne sapeva, quel castello sarebbe potuto crollare da un momento all'altro.

    Il sole stava per tramontare, e la ragazza era sicura che Tichondrius avrebbe assegnato loro i compiti per la sistemazione notturna.
     
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