QUEST PRIMARIA: Infiltrazione a Maj'krat pt. 1

Per Grima e Alexander

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  1. Eirydia
     
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    Narratore;
    L'aria soffiava gelida, quasi intenzionata a tramutare i due viaggiatori in statue di ghiaccio. Tutto di Knagwar lasciava suggerire morte e devastazione, persino l'aria che vi spirava.

    Appena fuori dalle mura della rocca dove risiedeva Knog, i due attraversarono i cancelli cigolanti della fortezza, che sembravano aprirsi da soli. Si sarebbe detto frutto di magia, ma i servitori di Knog erano furtivi ed invisibili nella notte. Molte volte dall'esterno il castello poteva sembrare abbandonato, ma così non era affatto: subdoli servitori svicolavano nell'oscurità, incutendo terrore nei cuori di coloro che non erano i benvenuti. Di solito facevano in modo di risultare invisibili, ma la loro tattica più meschina era avvicinarsi ai malcapitati e sibilare frasi minacciose ai loro orecchi per poi dissolversi all'istante.

    Non c'era da sorprendersi se gli stessi sottoposti di Knog non apprezzassero particolarmente quell'accoglienza.
    I due però, erano stati lì per motivi tutt'altro che di piacere: il mago Mhor li aveva fatti convocare per conto del Re Reietto, per affidare loro un importante incarico, che richiedeva la massima segretezza.

    Erano stati scelti loro appositamente, Alexander e Grima, richiamanti per le loro abilità e la loro nomea. Non era certo sicuro che i due avrebbero accettato, ma il mago aveva i suoi metodi per piegare molte persone al suo volere.
    In ogni caso, non ce n'era stato bisogno: prima della magia, Mhor disponeva sicuramente di un'abilità innata, ovvero quella di saper convincere con astuzia chiunque, promettendogli anche ricompense che avrebbe impartito davvero. Qualunque cosa pur di portare avanti la loro causa.

    L'obiettivo era tutt'al più semplice da tenere a mente: i due si sarebbero infiltrati a Maj'krat e avrebbero sequestrato un nano senza destare sospetti.

    Come, l'avrebbero deciso loro. A Knog non importava se si conoscessero, se avrebbero mai collaborato fra loro: a lui importavano le loro personali abilità che li avevano resi idonei per un incarico simile. Niente di più.

    Dopo il colloquio con il mago, ecco che i due erano stati lasciati liberi di organizzarsi, tempo massimo due ore.
    Al calare del sole, infatti, il mago Mhor aveva dato appuntamento alle spie per permettere loro di imbarcarsi su una nave allestita appositamente: non c'erano rotte di linea che passavano per Knagwar.

    Da lì, la nave li avrebbe condotti al principale porto del regno, da dove passavano la maggior parte di navi di tutto il regno, centro del rete delle rotte di tutta Eirydia: Ferrins.
    Da lì, sarebbe stato compito loro trovare il modo di raggiungere le montagne su Aluan e trovare la città dei nani, lì nascosta.


    CITAZIONE
    Obiettivi:
    • Appena sbarcati a Ferrins, cercare una locanda per passare la notte.
    • La mattina seguente, ingegnatevi a trovare un modo per raggiungere Aluan.
    • Siate discreti.
     
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  2. HinataLove
     
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    Grima;
    La palla infuocata stava lentamente calando per lasciare posto alle tenebre. Il vento soffiava, era freddo, gelido, nulla che Grima non potesse sopportare dato che risiedeva sulle Catene Innevate. Gli ordini erano stati dati, l'obiettivo era molto semplice: sequestrare un nano per ricavarne informazioni. Sembrava strano che Grima partecipasse ad una simile missione. Primo, perché a lei non interessava la causa dei Ribelli o del Regno, non importava niente di nessuno. Doveva solo portare il caos su Eirydia, era quello il suo unico e vero obiettivo. Secondo, perché lei odiava a morte i nani. In una normale circostanza avrebbe divorato seduta stante quelle creature piccole, barbute, rozze e disgustose, prive di buone maniere. Non si era mai interessata a loro proprio per il disdegno che ha portato verso di loro per tutti questi anni. Fino ad ora.
    Il mago era stato molto chiaro, ma sopratutto convincente. Le informazioni che avrebbero ricavato dal nano riguardavano una sorta di cristallo magico. Grima era una studiosa, un'assetata di conoscenza e di conseguenza aveva familiarità con la maggior parte delle leggende, sopratutto quelle che le interessavano. Quella del cristallo, probabilmente custodito dai nani, credeva fosse realmente tale, una novella da raccontare ai bambini come favola della buonanotte. A quanto pare però ogni leggenda ha il suo fondo di verità. Ora aveva un nuovo obiettivo da anteporre alla sua causa, ma per assicurarsi che tutto sarebbe andato secondo i piani doveva collaborare con Knog, per il momento. Ricavare le informazioni dal nano avrebbe giovato anche a lei. Figurarsi se lei avrebbe mai collaborato per davvero per quell'insulso ammasso di carne che prima sembrava morto ed ora sembrava essere rinato. Non capirà mai gli esseri viventi.
    Quindi, attendendo che il sole tramontasse poco a poco in un bagliore arancio-rosso, lei e il suo compagno di viaggio avevano giusto il tempo di prepararsi per il lungo viaggio. Grima non aveva parlato per tutto il tempo, era silenziosa, fredda, come da carattere se ne infischiava con chi dovesse collaborare nella missione. Chinata su se stessa, stava raccogliendo le sue ultime cose: l'inseparabile diario personale scritto da una lingua antica e sconosciuta solo a lei familiare dove tiene anche i suoi appunti personali dove poter ricavare informazioni anche sulla più piccola cosa, raccolti in tanti secoli di vita e ricerca di conoscenza e... basta. Aveva solo quel diario e ovviamente l'abito che fungeva da mantello con cappuccio. Non aveva bisogno d'altro lei. Teneva il diario sotto il braccio, il cappuccio indossato in quel momento che le copriva parte del volto. Dato che il sole non era ancora del tutto tramontato, c'era ancora della luce che la disturbava. I suoi occhi in quel momento erano sprovvisti di iride, c'era solo la pupilla immersa nel bianco bulbo oculare. Questo perché alla luce la donna era completamente cieca e doveva affidarsi ai suoni per individuare le cose attorno a lei. Il cappuccio serviva per nascondere proprio quel suo difetto oculare e anche per evitare di essere facilmente riconosciuta, sopratutto dai nani. Dovevano essere discreti in fondo.
    Finiti i preparativi, la donna poté cominciare ad incamminarsi verso il porto dove ad attendere c'era il mago con la nave che li avrebbe portati a Ferrins. Che strazio, poteva arrivarci tranquillamente volando, ma proprio perché non doveva destare troppi sospetti era meglio rimanere al proprio posto per il momento. Neppure si preoccupava che il suo compagno di viaggio la stesse seguendo in quel momento. La sua arroganza e indignazione verso le altre razze la rendevano una donna superficiale nonostante l'immensa conoscenza che possedeva. Di certo avrebbe udito i passi nel caso il giovane avrebbe effettivamente avanzato con lei verso il luogo d'incontro. Non una parola, né accenni, smorfie od espressioni particolari. Sembrava un'automa in quel momento, ma stava solo pensando e godendosi il panorama prima di arrivare sul luogo d'incontro.
     
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    Alexander
    Alexander;
    Nulla era diverso rispetto al giorno in cui l'animo carico di astio fu forgiato, tranne che al posto del fuoco adesso vi era il ghiaccio. Era a suo agio, era abituato al freddo e al gelo perchè li riteneva simili a lui, vuoti e... Bianchi. L'unica cosa che gli arrecava fastidio era la bruciante luce del sole, ma che ormai aveva quasi concluso il suo ciclo, fortunatamaente. Detestava spostarsi di giorno, il cappuccio sempre calato a mascherare il suo volto pallido e immortale, ma tempo qualche ora e quella dannata sfera infuocata sarebbe svanita del tutto. Sinceramente rimase sorpreso da questa improvvisa convocazione ordinata da Knog, ciò voleva dire che il Re Reietto aveva riconosciuto positivamente le sue abilità combattive, e questo per Alexander fu un buon segno. Non era il tipo che andava a vantarsi in giro, a lui non interessava ciò che la gente potesse pensare di lui, dato che a lui non importava nulla di loro. Gli ordini erano stati ben chiari. Raggiungere Maj'krat e catturare un nano per interrogarlo su un cristallo, una reliquia di cui il Bianco aveva spesso sentito parlare. Si chiese se il Re Reietto credesse veramente ad una leggenda così vecchia, in fondo era anche una favola che si raccontava ai bambini per farli addormentare, ma sicuramente avrà avuto le sue certezze se voleva mandare due persone a saperne di più. Chissà, magari la storia del Cristallo si sarebbe rivelata veritiera, e magari lo avrebbero riportato indietro a Knagwar, ma sicuramente Alexander avrebbe preso la sua fetta di torta. Niente si faceva gratuitamente, e ovviamente per questa missione aveva esplicitamente chiesto del potere in cambio della sua accettazione. Sapeva che così com'era adesso, anche se decisamente impeccabile con la spada, non era abbastanza forte per estinguere la feccia elfica dalla superficie di Eirydia, ma sapeva già che colpendo la popolazione nanica, avrebbe attenuato un poco la sua sete di vendetta. I Nani erano alleati degli Elfi, e questo bastava per condannarli al genocidio. Gli furono date due ore per prepararsi prima della partenza, così ne approfittò per andare a nutrirsi con il sangue di qualche animale fuori città, per poi riempirne alcune ampolle per cercare di coprire l'intero viaggio. Non poteva permettersi di avere bisogno di bere durante l'operazione, avrebbe mandato tutto all'aria e non se lo sarebbe mai perdonato se fosse successo. Pulì i suoi vestiti e soprattutto la sua spada in un posto abbastanza coperto dalla luce tramontante del sole, ci teneva ad apparire curato e regale, a differenza di tutta l'altra gente di quella città. Quando ebbe finito, il luccichio della lama di Sylvari gli segnalò l'ascesa della luna e così uscì fuori a volto scoperto, finalmente. Il suo compagno di viaggio o meglio, la sua compagna, non sembrava un tipo molto loquace. Meglio per lui, ciò significava che non avrebbe ricevuto rotture di scatole durante il viaggio verso Ferrins, non aveva voglia di sporcare di sangue la sua spada appena lucidata. Arrivò al porto all'ora stabilita e, come già si aspettava, vide un unica nave attraccata al molo ad aspettarlo. Non poteva sbagliarsi, era l'unica nave che avrebbe percorso quella rotta, così salì a bordo senza proferire una parola, ignorando alcuni membri dell'equipaggio che lo guardavano straniti. Del compagno nessuna traccia ancora, si appoggiò all'albero maestro aspettando che la nave partisse, non era un suo problema se doveva svolgere la missione da solo, anzi meglio per lui, in questo modo avrebbe ottenuto una ricompensa maggiore. Si avvolse nel cappotto bianco, in attesa che quel suo viaggio avesse inizio.
     
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  4. HinataLove
     
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    Grima;
    Il mago era lì ad aspettare i due membri della missione. Una ninfea dell'oscurità e un succhiasangue. L'una esperta in magia, l'altro esperto nel combattimento corpo a corpo. Potevano affrontare qualunque pericolo poiché l'uno poteva facilitare il compito all'altro, ma nessuno aveva lo spirito di collaborazione. Osservò con sguardo attento sia la donna che il ragazzo e non appena entrambi furono saliti sulla nave, diede disposizioni al capitano, dopodiché sparì nelle ombre. Il capitano, un uomo più simile ad un armadio che ad un essere vivente, con lunghi baffi e una pipa in bocca, si apprestò ad urlare qua e là per smuovere i marinai e l'equipaggio intero per salpare verso Ferrins. Grima aveva una cartina del mondo intero nel suo diario, minuziosamente disegnata da lei stessa con i relativi punti di riferimento come porti, presenza di boschi, montagne, creature particolari, eccetera. Osservandola attentamente poté costatare che avrebbero dovuto navigare per molto. In poco tempo avrebbero potuto anche avvistare le isole Saudra, Peredir e Wathor per raggiungere l'unico porto di Ferrins. Il suo compagno di viaggio si era appoggiato all'albero maestro, si era messo comodo insomma. Lei era salita da poco sulla nave non appena aveva finito di osservare la cartina e il mago con cui aveva fatto il colloquio sparire in seguito. Alzando lo sguardo al cielo poté notare che la luna e le stelle erano sopraggiunte, ma non volle ritirare ancora il suo cappuccio nonostante ora potesse vederci senza problemi dato che le tenebre erano ormai calate. Le iridi ambrate e luccicanti dei suoi occhi ritornarono a galla circondando la pupilla come una gabbia. Un'alone tra il nero e il violaceo la ricoprì interamente, segno che stava accumulando, come ogni notte, i suoi poteri. Facendo ticchettare i tacchi degli stivali sul legno della nave arrivò sulla poppa della nave, in fondo a tutto, dove c'erano poche persone. Meno ne vedeva, meglio era. In questi giorni aveva mangiato un bel po' per prepararsi al viaggio, ma essendo particolarmente sadica aveva sempre il desiderio di dilaniare qualche corpo e non le sembrava il caso in quel momento di combinare casini. Rimase lì sul fondo della nave a concentrare i suoi poteri per prepararsi al viaggio, anche se molto probabilmente si sarebbe divertita a modo suo per passare il tempo durante il viaggio. Così finalmente la nave salpò. In pochi istanti si lasciò alle spalle la terra di Knog solcando per il mare. Le onde si infrangevano sulla corazzata di legno, ma dato il tempo sereno non creavano nessun tipo di danno, solo il classico dondolio che portava molti ad avere mal di mare, ma non nel caso di Grima che nonostante ne soffrisse, abituata infatti a volare che a viaggiare per mare, rimaneva concentrata sul da farsi. Involontariamente sia lei che l'altro tipo in bianco volevano la stessa cosa: avere potere per sterminare.
     
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    Alexander
    Alexander;
    Finalmente il viaggio ebbe inizio.
    Dopo vari ordini del capitano, tutti i marinai presero i loro posti e iniziarono a far muovere la nave. La notte era giovane, il viaggio richiedeva solo qualche ora al massimo, il Bianco lo sapeva bene. Non era la prima volta che saliva su una nave, dalle Catene Innevate era solito viaggiare via mare per spostarsi, anche se non amava molto farlo. Il chiasso dell'equipaggio gli faceva salire l'omicidio, e questa volta non era differente. Voleva concentrarsi, risparmiare le energie, ma con tutto quel caos riusciva a malapena a tenere i nervi saldi. Era meglio trovare un posto più tranquillo, pensò. Alzò lo sguardo analizzando quale posto potesse essere più isolato, o comunque con più tranquillità possibile. Notò che il retro della nave era abbastanza sgombro, così si diresse a passo lento in quella direzione, sperando di trovare il silenzio che cercava. Una volta lì vide solo poche persone in silenzio, le quali appena videro Alexander si allontanarono subito, come se avessero paura di quella figura bianca. Mah, non li capiva proprio gli esseri umani. Erano creature mortali, perché evitare la morte se il loro destino è esattamente quello di morire? Qualsiasi cosa facciano durante la loro breve vita, il fine è sempre quello, indipendentemente dalle azioni commesse durante l'esistenza. Lasciò perdere quel pensiero, spostando lo sguardo su una figura incappucciata che era rimasta lì, era la ragazza. La fissò per qualche secondo, sembrava che stesse meditando, alla fine non le diede importanza e si sedette anche lui a terra, sollevato che quel piccolo spazio fosse diventato più tranquillo. Poggiò l'enorme spada sul pavimento dietro di lui, sempre a portata di mano nel caso ci fosse stato qualche pericolo improvviso, le acque limitrofe all'isola di Knog non erano molto tranquille. Si limitò solo ad alzare lo sguardo verso il cielo, pensando sul da farsi una volta giunti a destinazione. Una volta arrivati a Ferrins dovevano raggiungere le Montagne, quindi molto probabilmente avrebbero dovuto salire su un'altra nave che collega l'isola di Ferrins al continente a Nord. Appena arrivato sull'isola avrebbe chiesto informazioni a chi ne sapeva meglio di lui, anche se quella zona la conosceva molto bene.
     
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    Grima;
    La nave continuava inesorabile a dondolare, lentamente, come la culla di un bambino, sospinta dall'acqua di mare che portava odore di salsedine dappertutto, quasi si stesse nuotando. fra quelle acque nere, ma illuminate dalla luce delle stelle e dalla luna parzialmente piena che faceva quasi brillare la distesa infinita d'acqua. Grima era sempre lì, intenta a concentrare i suoi poteri come faceva da quando è stata creata. Più ne aveva, minore era il tempo che la separava dal caos che avrebbe creato con le sue stesse mani. Doveva essere pronta a tutto però. A quel livello non poteva fare molto per distruggere un'intero mondo. Gli occhi di lei erano socchiusi, puntati su un punto non ben definito, l'aura nero-violacea che quasi si poteva palpare con mano continuava a ricoprirla come se stesse prendendo fuoco. Sentì improvvisamente dei passi frettolosi per la poppa e poté notare qualche umano che vagava qua e là quasi stesse fuggendo. Un'occhiata fugace e riconobbe la figura del tipo in bianco. Lo Yin e lo Yang, la figura nera femminile e quella bianca maschile, in un modo o nell'altro si potevano definire così. Come anime dimenticate, rimasero solo loro due sulla poppa della nave in cerca di pace e solitudine. Il giovane poggiò alle sue spalle la spada che era grande quanto lui, dalla lama ampia, ma sottile, come una tavola da surf. Un simile oggetto costava sicuramente molta fatica per essere portato e la curiosità di Grima prese il sopravvento su quale razza il giovane potesse appartenere. Poteva essere di tutto, anche un essere umano ben allenato e talentuoso era capace di portare con sé una simile arma e saperla usare sopratutto. Come diceva un noto scrittore, ognuno di noi indossa una maschera diversa in base all'individuo a cui ci mostriamo. Fra tutte quelle mille maschere quale sarà quella veritiera? Era questo ciò che Grima voleva sapere perché era una studiosa e voleva sapere tutto di tutti. Aveva molti modi per intrattenersi dunque. Un piccolo ghigno le comparve sul viso, nascosto dall'oscurità e dal cappuccio. Un leggero vento si alzò facendo scompigliare appena i suoi lunghi capelli bianchi che spuntavano in piccole ciocche dal cappuccio. Tenendo il suo diario in mano aperto su una pagina vuota Grima si morse il pollice facendo sgorgare una goccia di sangue che appena toccò il foglio venne assorbita subito e cominciò a prendere una strana forma. Gli occhi di Grima brillarono appena in due piccoli bagliori ambrati che potevano essere appena scorti dalle tenebre quasi fossero due stelle del cielo. Pochi istanti e ciò che Grima aveva visto, ovvero la spada del giovane, fu disegnata minuziosamente. Grima diede una rapida occhiata per controllare che avesse segnato con cura l'informazione, poi chiuse il diario. Rimase a fissare il mare per un po', poi fece un profondo respiro, richiamando l'aria nei polmoni e gonfiando il petto, dopodiché provò a soffiare. Dal suo soffio sarebbero sbucate diverse Ombre, figure nere e indistinte per chi non era pratico di magia dato che erano figure più astratte che reali, percepite appena. Quelle Ombre che Grima aveva già richiamato una volta quando Artemisia le venne a fare compagnia sulle Catene Innevate stavolta erano più piccole rispetto all'altra volta poiché le Ombre richiamate erano quelle di fate e folletti. Bisbigliavano cose incomprensibili, zampettavano fra le spalle di Grima e sulla poppa senza farsi notare dal resto dell'equipaggio grazie all'oscurità, conservavano la stessa vitalità di un tempo seppur ora non erano altro che relitti. Grima comprendeva e annuiva, continuando a sorridere. Uno di essi provò a zampettare sulla spalla del giovane bianco provando in seguito a ridacchiargli nell'orecchio con la risata di una bambina. A meno che non fosse stato rifiutato sia a parole che nella mente, in quel caso sarebbe svanita, ritornando nel luogo d'origine, ovvero dove il suo corpo risiedeva tutt'ora.
     
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    Alexander
    Alexander;
    Si era ormai abituato al movimento sinuoso, insieme al flebile rumore del legno che cigolava, che il mezzo aveva iniziato a fare da almeno una decina di minuti. Il tempo sembrava scorrere al rallentatore , sembrava che fossero partiti da più di due ore, quando invece era passata una futile mezz'ora. Alexander stava immaginando come avrebbero dovuto agire una volta arrivati nel continente a Nord, se attraversare le Catene Innevate per arrivare alle Montagne, oppure aggirarle per percorre una strada più sicura. Lui ci era cresciuto tra le Catene, quindi non avrebbe avuto nessun problema ad attraversarle, sperando che fosse stato lo stesso per la ragazza insieme a lui. Se si fosse rivelata un peso sarebbe stato un bel problema, la missione si sarebbe dilungata e di certo lui non era un tipo che amava perdere tempo, non si sarebbe fatto scrupoli a lasciarla indietro se fosse stato necessario. Proprio mentre rifletteva su ciò, notò che la ragazza si mosse. Aveva cominciato a scrivere qualcosa su un piccolo taccuino, ma era troppo lontano per capire cosa stesse scrivendo, non che ciò gli interessasse. Successivamente cominciò ad uscire dalla sua bocca un denso fumo nero, che successivamente prese la forma di diverse creature umanoidi dalle piccole dimensioni. Il Bianco spostò immediatamente una mano sull'elsa della spada, restando allerta anche se non guardava direttamente la ragazza. Una di queste ombre si avvicinò lentamente a lui, gli permise di salire sulla sua spalla e udì una sinistra risatina infantile, era solo una banale provocazione.

    « Sparisci. »

    Sussurrò alla piccola ombra, e quella svanì nello stesso mondo in cui era stata generata. Dal cielo lo sguardo si posò sulla ragazza avvolta dalle ombre, come se su quella nave non ce ne fossero abbastanza. La mano lasciò la presa sull'elsa, ma comunque restò nelle vicinanze di essa per sicurezza, anche se non pensava che avrebbe dovuto combattere.

    « Cosa speri di ottenere con i tuoi trucchetti? »

    Chiese infine, rompendo il silenzio che fino a quel momento aveva regnato sulla nave. Ormai il rumore del mare e del legno erano talmente flebili e persistenti, anche con il tempo avevano perso il loro suono. Una nuova folata di vento mosse i bianchi capelli del ragazzo, lasciando intravedere per qualche secondo il simbolo a forma di saetta che gli calava sulla guancia sinistra. Dovevano essere quasi arrivati, già da qualche minuto i marinai avevano avvistato l'isola di Ferrins e avevano avvisato tutto l'equipaggio, compresi loro e il capitano. Decise di alzarsi in piedi, afferrò la grande spada e la sistemò sulla schiena, pronto a scendere da quella nave per iniziare la missione. Si girò un'ultima volta verso la ragazza, guardandola dall'alto.

    « Fossi in te utilizzerei i tuoi giochi di prestigio in occasioni migliori. »

    Le disse in tono calmo e apatico, non aveva tempo per giocare con lei adesso, avevano una missione da portare a termine. Le voltò le spalle iniziando a camminare verso il centro dell'imbarcazione, stringendosi nel cappotto bianco e pronto a scendere dalla nave.
     
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  8. HinataLove
     
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    Grima;
    Le piccole Ombre, vedendo la loro compare scomparire a causa del rifiuto del bianco, cominciarono a tremare, a soffiargli contro, in seguito a ridacchiare e scherzare come se non fosse successo nulla. Che carine che erano, ma a quanto pare il burbero compagno di viaggio la pensava diversamente. Quelle piccole Ombre le avevano raccontato un po' di cosette, affari di Grima, roba strana e contorta che neppure lei sembrava capire affondo. Ma comunque si divertiva a vederle giocherellare fra di loro, stavolta tenendosi ben lontani dal tipo in bianco. Grima ignorò completamente la domanda che le era stata rivolta perché sembrò sentire le urla del capitano che inneggiava i suoi marinai ad ancorarsi al porto. Dato che nessuna nave poteva arrivare dall'isola di Knog, l'equipaggio doveva inventarsi una scusa del perché erano arrivati lì, chi erano, cosa portavano, eccetera. Un minimo di controllo ci doveva sempre essere e tutti erano compresi, loro due inclusi. Grima rimuginò un po' sul da farsi, non tanto sul recupero del cristallo, era così sicura della sua forza che non avrebbe incontrato particolari problemi, ma più che altro sulla scusa che avrebbe dovuto adottare. Forse il capitano aveva qualche dritta al riguardo, ma ecco che lo spavaldo bianco, dopo una sonora provocazione, era già pronto a lasciare la nave. Si limitò a fissare a lungo le sue Ombre, poi chiudendo di scatto la mano a pugno le fece dissolvere nel nulla, rifiutando con il pensiero la loro presenza. Lentamente si alzò anche lei, non aveva fretta, e il ticchettio dei suoi tacchi fece nuovamente capolino nelle orecchie di chi la circondava. Il capitano stava già parlando con il personale del porto di Ferrins per curare le questioni burocratiche ed eventuali controlli. Attentamente si guardò attorno dopodiché si portò al fianco del giovane cosicché potesse parlargli senza che qualcun altro potesse sentirgli:

    Aspetta.



    Una sola parola, più un sussurro che altro, ma detto con un tono duro e freddo, di chi non ammetteva repliche. Loro due erano tecnicamente delle spie, dovevano destare sospetto il meno possibile. Come due fantasmi dovevano evitare che la loro stessa esistenza potesse essere messa al repentaglio e di certo il capitano non avrebbe detto che sulla nave ospitava dei seguaci di Knog. Non appena tutto l'equipaggio era sceso a terra, attese che il capitano lanciasse su entrambi uno sguardo. Era il segnale. A quel punto il capitano provò a bloccare temporaneamente la visuale dei controllori con una scusa sul carico che stava portando e i suoi fantasiosi viaggi per mare, ridendo e scherzando. Grima così scattò, il cappuccio che la copriva sempre parte del volto, i tacchi stavolta quasi non producevano suono poiché la donna evitava di camminare sui talloni, ma più sulle punte. Qualche secondo ed era scesa dalla nave senza che potesse essere individuata dai controllori, sgattaiolando subito in un vicoletto lì vicino per riprendere il controllo della situazione. Data l'affluenza di gente non le riuscì troppo difficile rimanere inosservata tra la folla fino ad arrivare al luogo designato. Da lì sbirciò se il ragazzo l'avesse seguita o meno, se avesse agito come lei o se avrebbe rovinato tutto facendo saltare la copertura. Il capitano non poteva intrattenere i controllori per sempre, presto o tardi sarebbe nuovamente salito sulla sua nave e se ne sarebbe ritornato da dove era venuto.


    Edited by HinataLove - 7/9/2013, 13:40
     
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    I viaggiatori erano finalmente approdati sul porto di Ferrins e con l'aiuto del capitano erano riusciti a passare alla dogana in maniera alquanto anonima.

    Alquanto, però, perché mentre le due spie procedevano discretamente fianco a fianco, una figura incappucciata sembrò mettersi sulle loro tracce, quasi pedinandoli.
    Si confondeva fra la folla, ma quando la coppia svoltava un angolo, l'ineguitore prendeva irrimediabilmente la stessa via.

    Cosa stesse facendo in quella maniera tanto discreta sembrava noto soltanto a lei, ma non appena i due si introdussero in una via leggermente più buia ed appartata delle altre, alzò il passo con nonchalance invidiabile e si accostó a loro.

    Mi manda Knog. proferì con tono tanto basso da sembrare vento. Alzò discretamente la veste scura sul polso esibendo brevemente il sigillo del patto magico di Knog, e subito dopo riprese con lo stesso tono: Il nostro signore mi manda ad annunciare un cambio di programma in seguito ad un'urgenza. Messer Alexander è stato richiesto per un altro incarico adatto alle sue capacità: Madonna Grima incontrerà il suo nuovo compagno di viaggio nella locanda di un nostro socio. Cercate la locanda da Elbus.

    Affiancò il Bianco in attesa di una risposta o eventuali domande, pronto per scortare altrove l'Askei'viel.
     
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  10. HinataLove
     
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    Grima;
    Bene, ce l'avevano fatta. Erano riusciti a sgusciare fuori dalla nave senza problemi grazie anche all'aiuto del capitano e all'abilità di entrambi di muoversi agilmente nell'ombra. Anche se Grima si sentiva in un certo senso osservata, ma non ne fece un dramma all'inizio. Provò semplicemente a sgattaiolare fra un vicolo e l'altro, muovendosi come una di quelle Ombre che aveva evocato precedentemente: nera, sinuosa, silenziosa, quasi priva di consistenza. Sembrò filare tutto liscio, ma più si ficcava in quei vicoli a volte non del tutto salutari e puliti, più sentiva che qualcosa o qualcuno li aveva adocchiati. Il tempo di voltarsi finalmente alle sue spalle per capire chi fosse e si ritrovò un uomo incappucciato che sembrava volesse parlare. Grima lo squadrò dall'alto verso il basso con evidente aria di superiorità, gli occhi ambrati che lo fissavano con insistenza. A quanto diceva era un messaggero di Knog e dal sigillo che portava con sé poté confermare la sua esistenza. Grima si limitò a fissarlo per tutto il tempo, impassibile e seria, anche lei coperta dal cappuccio. Il messaggero era lì per riferirle che il suo compagno di viaggio doveva essere trasferito per un incarico più adatto a lui mentre lei si sarebbe dovuta dirigere alla locanda di Elbus per incontrare il suo nuovo compagno. Grima si limitò ad annuire senza fiatare rispettando dunque gli ordini. Un'ultima fugace occhiata al tipo in bianco prima di dileguarsi nel buio della notte. Né un saluto, né un cenno, niente di niente. Evidentemente Knog l'aveva ritirato perché troppo incapace per un compito tanto delicato come quello del cristallo. Preferiva di gran lunga lavorare da sola, ma se proprio doveva collaborare, così sia. Magari il prossimo compagno sarebbe stato un tantino più amichevole, non che gli importasse più di tanto, ma la sua sete di conoscenza la spingeva ad essere curiosa di tutto, dunque in un certo senso non vedeva l'ora di conoscere il suo nuovo partner e scoprire chissà quali abilità potesse mai possedere. Le strade dei due si interruppe quindi, per il momento, ma chissà che in futuro non si incrociassero di nuovo. Sempre se ci fosse stato un futuro.
    Accennando un ghigno dopo aver ormai rimosso dalla sua mente il ricordo della creatura in bianco, continuando a camminare per i vicoli arrivò davanti a quella che sembrava una delle tante locande del posto. In alto, sull'insegna, era intagliato sul legno il nome: Elbus. Era il luogo dell'incontro. Guardandosi prima attorno per accertarsi che nessun altro la stesse seguendo, a passi lenti, ma costanti, come una modella su una passerella, si avvicinò alla porta della locanda e la aprì, senza timore, richiudendola alle sue spalle una volta entrata all'interno dell'edificio. Dunque, dunque, dunque. Chi sarebbe stata la sua prossima vittima?
     
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    Imprevisto!

    Tellu Enakbeh
    introdotto nella role come compagno di viaggio.

    Alexander “Il Bianco” è stato sostituito come compagno di viaggio e quindi liberato a causa della prolungata assenza dell'utente Shivian™

    Obiettivi:
    • La mattina seguente, ingegnatevi a trovare un modo per lasciare Ferrins e raggiungere Aluan.
    • Siate discreti.

    Il Narratore interviene solo qualora la situazione lo richieda.

     
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  12. Alexander Gawain Stelson
     
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    clarisse
    Tellu;
    Elbus era un umano grassoccio e sudaticcio, decisamente una persona che a prima vista poteva risultare leggermente sgradevole, ma conoscendolo l'impressione cambiava radicalmente, rendendolo un laido e viscido approfittatore.
    Probabilmente avrebbe venduto sua madre a un nano, se mai ne avesse avuta una.
    Era nella locanda da quasi tre ore, le più lunghe tre ore della sua lunghissima vita, e le mani avevano già raggiunto alcune volte le impugnature dei suoi fedeli pugnali nascosti sotto l'ampio mantello, come animate da una volontà loro, omicida, che faticava non poco a trattenere.
    Dopo innumerevoli inchini e parole sibilate, soffocate da sorrisi e da un continuo tentativo di strozzare l'unto straccio infilato nella cintura con le mani prima di proferire parole senza senso verso il suo compagno di viaggio, finalmente si erano accomodati, se così si poteva dire, ad un tavolo che era stato preventivamente pulito e sistemato alla bene e meglio dopo il suo abbaiare alle due cameriere.
    Dovevano essere proprio disperate per lavorare in un posto del genere, ma dopo circa un'ora aveva capito che avevano ben altra occupazione primaria che non servire ai tavoli.
    Il suo compagno di viaggio si congedò da lei abbastanza alla svelta, con un inchino accennato e pochissime parole, forse più di tutte quelle che si erano scambiati durante il viaggio che li aveva portato a Ferrins da Dwin.
    Tellu aveva da pochissimo finito un lavoretto facile e remunerativo, un omicidio su commissione, due ricchi commercianti uno contro l'altro. La cosa più ridicola era stata il fatto che entrambi l'avevano contattata per lo stesso scopo, per cui aveva recuperato il doppio della paga e tutti e due erano rimasti contenti, uccisi ma contenti, alla fine aveva fatto come ognuno desiderava. Poi era arrivato un tizio, mantello nero, voce bassa, le aveva parlato di ribelli e di regni, di gloria e di potere.
    Non parli la mia lingua, gli aveva risposto.
    Gli aveva visto un lampo sul volto, aveva degli ottimi denti per essere un umano, e poi aveva parlato la sua lingua.
    Soldi. E possibilità di avere sangue, molto sangue senza problemi.
    Come avesse saputo che era una Askei'viel non riusciva a capirlo, e francamente un po' se ne fregava.
    Un altro lavoro facile, un viaggio fino a Ferrins, un incontro con un altro tizio, per quello che ne sapeva un mercenario come me, e un viaggio ancora, verso i luoghi delle sue origini, o almeno vicino ad essi, tornando ad Aluan. Doveva stare con l'altra persona, una donna, le aveva spiegato il suo misterioso quanto poco loquace compagno di viaggio.
    L'avrebbe riconosciuta subito, non potevo sbagliarsi.
    Attese l'arrivo della donna seduta, un boccale in legno di birra annacquata davanti e in un piatto di coccio, che aveva più crepe della pelle di un goblin seccato al sole della palude e stava insieme per qualche bizzarro miracolo, alcuni pezzi di pane nero e di formaggio stagionato.
    Odiò i suoi sensi sviluppati, quel formaggio era quasi peggio della pelliccia bagnata di mannaro.
    La locanda era relativamente grossa, un locale quadrato, forse rettangolare con un'unica porta al centro di un lato corto, il lungo bancone sulla destra rispetto all'entrata, tavoli tondi e quadrati posti un po' ovunque come funghi che spuntano dopo un acquazzone, sedie spaiate, solo poche, fortunate, in grado di poggiare tutte e quattro le gambe contemporaneamente sul pavimento di grosse mattonelle di coccio marrone in parte usurato dal tempo.
    Le pareti erano di pietra, probabilmente pezzi di roccia della zona, tenuti assieme da una debole malta biancastra che faceva anche da intonaco fino a circa due metri di altezza, per poi lasciare spazio a assi di legno stagionato e affumicato, scurito dagli anni e dal sego delle candele e dalla resina delle torce usate per illuminare l'alto locale, che probabilmente raggiungeva i sei metri di altezza prima del tetto, sostenuto da grandi travi a vista che sembravano lanciate da un lato all'altro della stanza come fili di una tela di ragno. Una scala scricchiolante portava al piano di sopra, posta in fondo al lato sinistro rispetto all'entrata, in parte nascondendo l'entrata alla cucina, da cui uscivano effluvi che definire nauseabondi era un eufemismo. Probabilmente stavano cucinando del maiale che era stato frollato in occasione della fine della grande guerra.
    Immaginò che ci fossero varie stanze di sopra, e sapeva anche che due erano state riservate a lei e alla sua compagna del futuro viaggio. Sperò di non dover uccidere troppi pidocchi.
    La porta si aprì, e immediatamente capì che lei era arrivata.
    Alta, nera, una sorta di ombra tra le ombre, i capelli bianchi che uscivano dal cappuccio che celava il suo viso la identificavano come una strana persona. Forse era umana, ma non sembrava così anziana da potersi permettere i capelli bianchi. Non sembrava un'elfa, certo era elegante e sinuosa, ma non come lo erano loro, come lo ero lei. No, non era umana, non aveva quella goffa andatura che a volte mi ricordava le scimmie delle isole lontane. Anche se non volevano, prima o poi tutti gli uomini ci ricadevano nel passo strascicato, nelle movenze grezze che poverini non potevano evitare, erano nel loro essere. Grezzi e deboli, gracili. Ma saporiti. Più degli elfi. Avevano molte sfumature, ognuno una sinfonia di sapori che era impossibile da suddividere, categorizzare, capire. Un salto nel vuoto ad ogni nuovo morso.
    Si leccò inconsciamente le labbra, come il volto nascoste alla vista dal suo cappuccio di seta nera come il mantello. Non era fame, aveva bevuto da poco, un povero mozzo che era diventato, nell'arco della nottata, pasto degli squali che giravano attorno alla barca attirati da quanto veniva buttato fuoribordo. Un sapore proveniente dai ricordi, probabilmente, un calore soffuso che si era irradiato dalla mente fino alle papille gustative.
    Non fu l'unica a riconoscerla immediatamente, il padrone della bettola si avvicinò immediatamente a lei e con esagerati inchini e movimenti delle braccia indicò il rotondo tavolo nell'angolo opposto alla scala dove Tellu stava osservandola senza farsi notare, lasciandola poi sola per tornare a servire quella brodaglia rossastra che aveva il coraggio di chiamare vino.
    - Devi essere la mia compagna di viaggio. - disse la Askei'viel alzando lo sguardo senza però accennare a estrarre le mani da sotto il mantello o a togliermi il cappuccio. - Sono Tellu.
    Sapeva che la luce della candela posta sul loro tavolo aveva almeno parzialmente illuminato il suo viso, permettendo alla figura di fronte a lei di osservarle almeno in parte il volto.
     
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